Stella
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Il Duomo rappresenta bene il quartiere, sia come storia che come riferimento territoriale. È un edificio dove la storia delle impostazione culturali e artistiche è la testimonianza dell’arricchirsi di una prima idea progettuale con innesti continui che la integrano e si integrano fra loro. Una prima fase, pontificia e romanza più che romanica, è guidata dal recupero della stereometria spaziale antica: dal 1290 si mette mano ad un progetto che è stato realizzato nel solo corpo delle navate, quindi escluse la facciata, la tribuna quadrata e le due cappelle che sporgono dal filo esterno delle navate laterali che appartengono invece alla fase gotica, dove domina la creatività di Lorenzo Maitani. A fine ‘500 compare una fase controriformista e manierista, dove si progetta per la prima volta una convergenza di tutte le arti per una riqualificazione moderna e partecipativa di una chiesa preesistente; ed infine ricordiamo anche la fase dei restauri di fine ‘800, che non ha avuto altro scopo che quello di annullare la fase precedente, senza immettervi nulla di suo. In corrispondenza delle pendici orientali di Orvieto si trova una delle più antiche vie di comunicazione col territorio, la Via selciata delle le Piagge o delle Sette Piagge; si tratta del percorso di ingresso a Orvieto per la porta Soliana o della Rocca, che collega Orvieto Scalo con Orvieto. Il percorso, superato il Paglia, si dirige verso la via Tuderte, dove sono presenti due interessanti esempi di continuità d’insediamento castellano: Prodo e Titignano.
La prima testimonianza della presenza del castello di Prodo risale al 1222, ed è citato nel catasto del 1292 come podium Prodi; ricostruito nel 1322 in un periodo di intense lotte tra le famiglie orvietane per il controllo del territorio, presenta una pianta trapezoidale con due torri sporgenti, una a base quadrata con bertesche su beccatelli e una circolare, ed è caput di un organismo urbano che si organizza lungo una strada-piazza trapezioidale. Nel 1458 Francesco Monaldeschi lo cedette all’Opera del Duomo a cui rimase fino al 1870. È testimoniata la presenza di una chiesa all’interno del castello, demolita nel 1890 circa, di cui rimane il toponimo ad indicare la piazza di S.Rocco e un affresco nel Museo dell’Opera del Duomo. La nuova chiesa di S. Leonardo e Martino fu costruita nel 1913 in sostituzione di quella demolita. Titignano appartenne alla famiglia Montemarte (di origine francese, venuta in Italia a seguito di Ludovico II) e funzionò quale avamposto di Orvieto verso Todi; la tradizione lo vuole edificato nel 937 da Farolfo di Montemarte, e fu ricostruito più volte fino alla prima metà del ‘300; nel catasto del 1292 è uno dei castra all’interno del piviere di Mimiano. Agli inizi del secolo XIII i tuderti si impossessarono del castello di Monte Marte, che si trovava sulla riva destra del Tevere, vicino alle Gole del Forello, talché Andrea di Montemarte, imprigionato dai tuderti, fu costretto a cedere il castello e trasferì la propria residenza principale a Titignano ed a Corbara. Nel ‘600 Titignano subì profonde modifiche, fino ad assumere l’aspetto attuale: una corte di forma approssimativamente ovale, racchiusa dal palazzo signorile di impronta rinascimentale, dalla chiesa (aggiornata alla fine dell’80 in stile neomedievale) e dal borgo. Nel 1830 il principe Tommaso di Filippo Corsini di Firenze lo acquistò ad un’asta dallo Stato Pontificio che lo aveva confiscato alla famiglia Montemarte. Osa, presso Titignano citata nel catasto del 1292 come castrum o villa Ose, è costituita dall’ottocentesca villa Netti: particolare forma di borgo, con due palazzi ad altana che si affacciano su una piazza frutto di un terrazzamento. Corbara Agli inizi del XIII secolo i tuderti si impossessarono del castello di Monte Marte, che si trovava sulla riva destra del Tevere, in prossimità dell’uscita dalla gola del Forello (tuttora i resti sono visibili). I Montemarte si spostarono così a Titignano ed a Corbara, dove costruirono una grande villa fortificata tuttora esistente : il castello di Corbara, citato nel catasto del 1292 come castrum Corbarii all’interno del piviere di S. Maria de Stiolo, nel 1397 passò dai Montemarte (che lì si erano trasferiti, dal castello omonimo conquistato dai tuderti, due secoli prima) ai Monaldeschi della Vipera. Ha una pianta a C, con un torrione a nord, ed il loggiato a piano terra è sovrastato da un ordine di arcate che chiude il corpo di fabbrica formando un rettangolo. Chiesa di S. Antonio e della Madonna Addolorata; ruderi del porto romano di Pagliano, alla confluenza tra il fiume Paglia ed il Tevere.
Fossatello si inserisce su un diverticolo tra le due direttrici, tra Corbara e Colonnetta di Prodo: luogo di aggregazione la chiesa, di cui abbiamo ampia documentazione relativa ad un restauro progettato nel 1732 ma compiuto nel 1739. L’interno, col suo altare barocco di struggente capacità artigianale popolaresca che inquadra un’immagine miracolosa della Madonna ritrovata appunto in un “fossatello”, si riferisce a questa campagna di rinnovamento: la facciata mostra, sotto l’intonaco introdotto in quell’occasione, il suo primo aspetto medievale, col tipico arco a due centri, con l’estradosso a profilo oltrepassato: è una sorta di radiografia storica, si scoprono le vicende più lontane dell’edificio quasi sollevandone il sipario. Dai piedi della Selciata delle Piagge si diparte un altro percorso in direzione dei possedimenti orvietani oggi inglobati nei confini del Lazio.
In posizione elevata sul piano del Tevere ove questo riceve il Paglia sorge il castello di Tordimonte, che risale al XIII secolo: nel catasto del 1292 appare come castrum Montis all’interno del piviere di S. Maria in Porzano. Torri, merli e tratti murari dell’originaria fortificazione sono oggi inglobati nei corpi di fabbrica che compongono l’attuale villa, esercitazione in stile dell’architetto Ugo Tarchi (1924). Dello stesso architetto è la chiesa della Madonna del Cammino. Nei pressi sono caratteristici Rocca Sberna, citata nel 1201 come Rocca de Berula, una piccola rupe tufacea come quella di Rocca Ripesena, il podere fortificato a pianta quadrata di Castellonchio, e la chiesa della Madonna delle Macchie con facciata di gusto popolare con stucchi barocchi.
A cura di Arch. Raffaele Davanzo